La Grande avventura dell’orienteering Team J&J – raccontata da Jessica Orler
La nostra avventura del NIRVANA RAID – trail orientamento inizia ancora sotto il tetto di casa, quando, prima di iscriverci, guardiamo il meteo e vediamo che le previsioni per il fine settimana sono pessime. La disperata consultazione di ogni meteo disponibile su internet è vana, perché purtroppo il tempo previsto non accenna a cambiare (forse i meteorologi per nostra sfortuna questa volta non sbagliano). Nonostante questo l’entusiasmo non manca e come due veri avventurieri non ci perdiamo d’animo e ci lanciamo nella grande impresa…Alle porte della partenza arriva il comunicato gara con scritto che le lunghezze sono cambiate: da 15 km più 1000 m di dislivello positivo a ben 17 km più 1350 m di dislivello positivo. …Wow… Beh, la lunghezza di prima non era abbastanza per categorizzarla come impresa eroica =)….
Cosi si parte verso il lago di Como… Più ci avviciniamo e più il tempo peggiora ma non ci lasciamo scoraggiare.
Una volta arrivati, la nostra accoglienza a Magreglio è una pioggerellina neanche male, con gli organizzatori che appena tornati dalla posa punti ci danno qualche consiglio tecnico. Al nostro più grande dubbio su che scarpe usare, la risposta è: “Il tracciato è principalmente lungo sentieri ciottolati o strade asfaltate e in ogni caso privi di fango, quindi le scarpe chiodate ve le sconsiglio!” (solo una volta arrivati ci siamo chiesti: “Quali ciottoli??? E soprattutto, senza fango???”). Da qui ci sorge un grande dubbio perché la mia alternativa sono solo le scarpe da ginnastica… Mah, una cosa per volta… Così andiamo nel B&B (la proposta di dormire in tenda in mezzo all’umida natura che ci è stata offerta, chissà per quale motivo è stata scartata tempo zero all’unisono…) e qui iniziamo a tirare fuori tutto il nostro colossale bagaglio sportivo che abbiamo appresso, cercando di trovare l’abbigliamento più adatto (sempre che ci sia!!). Una volta soddisfatti dritti a dormire sperando in un cambiamento di tempo improvviso… La sveglia invece si rivela essere peggio del previsto: il tempo è notevolmente peggiorato, non ci da proprio alcuna speranza. Nonostante questo, presi dalla voglia di cominciare e temerari come non mai, ci prepariamo e usciamo per avviarci al ritrovo… Dopo andata e ritorno sotto alla pioggia per improvvisi cambi di abbigliamento, riusciamo a trovarci davanti alla cartina (ci viene consegnata un po’ prima di partire)… Beh… una tipica cartina turistica. Il tracciato rappresentato in una carta scala 1:25.000 con equidistanza 20 m non ha un così brutto aspetto (i tracciati a cui siamo abituati noi orientisti sono all’apparenza molto più lunghi, anche se solo all’apparenza!!)…Visto il tempaccio, decidiamo di sigillare il più possibile le cartine con il rotolo di cerotto che abbiamo come kit obbligatorio di pronto soccorso (anche i nostri concorrenti prendono spunto e ci chiedono se possiamo prestarglielo, ma quando vedono di che scotch si tratta hanno la brillante idea di chiederlo a qualcun altro)…
Ed eccoci alla partenza; il tempo è pessimo, diluvia e si vede a malapena davanti al naso… Altro che splendido panorama sul Ghisallo….
Tutti in linea e pronti via, partiti subito a tutta tiboga per essere tra i primi… Avanti a testa bassa cercando di capire qualcosa in cartina… Un vero disastro… Altro che lettura fine, qui non si vede niente se non le strade principali e le forme del terreno più accentuate…. Ovviamente non potevo far vedere al mio super competitivo compagno la mia incertezza, quindi avanti convinti e senza dubbi (per fortuna l’andatura limitata rispetto a quella di Jonni mi permette di averlo davanti e aver così il tempo di cercare di risolvere questo incomprensibile enigma). L’unico mio passo falso è quello di dire tutta convinta che stava sbagliando e convincerlo ad andare da un’altra parte… Ops, forse aveva ragione lui… Uno sbaglio secco ci tira fuori strada, finché Jonni non capisce al volo dove siamo e mi porta dritta al punto dicendomi: mai più una gara simile con un orientista…J Il tempo perso va però immediatamente recuperato quindi il punto successivo è un’impennata in salita senza tirare fiato, sorpassando parecchie persone e cercando disperatamente di trovare il fiato almeno per essere cordiale nel salutarle… Jonni decide di portarmi via la cartina per non farmi sprecare energie inutilmente nella lettura, (devo avere proprio un aspetto orribile per un commento simile, anche se solo una volta arrivati scopro che lo scopo era quello di non farmi vedere la lunga salita di più di 300 m di dislivello che ci aspettava)… Arrivati al secondo punto finalmente si respira. Una tranquilla e breve tratta di 3,5 km in linea d’aria… Finalmente la cartina inizia a diventare più comprensibile quindi è anche troppo evidente che bisogna arrivare proprio sulla cresta più alta (per fortuna che almeno il giorno prima ci avevano tirato su di morale dicendoci che da li sarebbe stato possibile vedere i due rami del lago di Como). Una volta arrivati in cima, non solo non vediamo neanche a un palmo dal naso, ma ad aspettarci c’è una terribile bufera composta da un dolce massaggio shiatsu eseguito da tutta una serie di chicchi di grandine accompagnati da una splendida brezza mattutina che ci permette a mala pena di mettere un piede davanti all’altro (sarebbe stato il posto giusto per un ritiro di patente in seguito alla tipica prova del camminare sulla linea in caso di sospetto stato di ebrezza). Senza mai perderci d’animo, Jonni si toglie lo zaino per vestirsi meglio e nel piegarsi un’ondata lo travolge di colpo…. La mia scarsa lucidità mentale (speriamo dovuta alla fatica) mi fa prontamente dire: “Cavoli… ti si era accumulata tutta quell’acqua sulla schiena…” e Jonni: “Pensa come tiene l’acqua questa giacca…” Alla seconda volta, Jonni ancora lucido capisce che qualcosa non va e scopriamo così che la nostra risorsa idrica è praticamente terminata causa rottura camelback… Ma che importa, peso in meno da portare… A cosa servirà mai bere con tutta la pioggia che ci cade incessantemente giù per le orecchie…
Un po’ di tecnica orientista ci conduce alla lunga discesa che ci aspetta…io fortunatamente ho le chiodate (ho preferito non ascoltare gli organizzatori) e quindi un po’ in piedi sto, ma Jonni che ha le Inov8, decide di dar sfogo alle sue capacità discesistiche, tentando disperatamente di applicare la tecnica sciistica a quella orientistica nello sforzo anomalo di stare in piedi in mezzo al fango che improvvisamente aveva assunto l’aspetto del sapone… (è così che abbiamo affrontato circa 500 m di dislivello in discesa)… Una volta arrivati in fondo un tratto di falso piano ci permette il recupero, ma arrivato il momento di affrontare la salita successiva ci sembra le gambe siano state sostituite da due congegni di metallo con gli ingranaggi ormai troppo arrugginiti per funzionare. Le salite successive sono tutto un arrancare (per me intendo, il mio assiduo compagno di avventura non solo trova la forza per tirarsi su, ma anche per trascinare me, il che mi costringe a camminare altrimenti mi sarei fatta anche i fanghi al viso e non solo i massaggi)… E su e giù per sti colli; è bello trovarsi in cima a un colle, guardare la carta ed accorgersi di dover scendere da quello e salire su quello più alto che si vede di fronte… Ormai con le gambe che non solo hanno gli ingranaggi agli ultimi colpi ma che perdono anche le rotelle, arriviamo in cima e qui compare una delle poche forme di vita nei dintorni: una tenda… Mah… strano… la mia mente molto ma molto annebbiata non subito mi fa capire che è un organizzatore che ci aspetta, ma per fortuna Jonni come sempre non perde un colpo e lo chiama. Questo, disperato all’idea che qualcuno lo facesse uscire, mette la testa fuori sotto le intemperie e dopo una simpatica foto ci comunica che siamo i primi a passare. Improvvisamente la fatica sparisce; mi sento “superwoman” e nonostante non ci credessi (mi sembrava impossibile fossimo riusciti a battere anche le squadre maschili) partiamo in picchiata come se avessimo appena iniziato una sprint di quindici minuti… Che bello, altro che stanchezza l’adrenalina esce da tutti i pori… Tale sensazione però dura ben poco perché la salita seguente mi riporta subito alla realtà facendomi risentire le mie povere gambe ormai agli sgoccioli… Arrivati all’ultimo punto ci lanciamo in un azimut di 2 km in linea d’aria di ben 700 m di dislivello negativo… Ma ormai l’impresa è giunta al termine e l’entusiasmo da prestazione si fa sentire…
La nostra gara si chiude in 3h05’.
L’accoglienza e i complimenti all’arrivo sono unici e indimenticabili. Grandissimo l’entusiasmo e la soddisfazione, unica l’esperienza… Un qualcosa diverso dal solito, in cui ci si trova in due ad affrontare un’impresa non da poco. In cui si lotta per trovare ogni minima energia perché tutto dipende da entrambi, e ogni singola cosa viene affrontata insieme, nel bene e nel male.
Un grazie speciale volevo farlo a Jonni, che è stato un più che degno compagno di squadra, in grado di aiutarmi nei momenti di difficoltà e di non farmi mai perdere l’entusiasmo. Per avermi permesso di raggiungere la soddisfazione più grande che potessi desiderare e per avermi fatto così capire che i limiti che tutti pensiamo di avere alla fine sono solo psicologici perché con il giusto entusiasmo e determinazione niente è irraggiungibile.
Un grazie anche al team Nirvana Verde per questa gara organizzata alla perfezione…
E soprattutto… Un invito a tutti i più temerari all’appuntamento del prossimo anno.
Jessica Orler